Qualche anno fa mi sono rimediato fra i miei amici il soprannome di “spazzino di Tinder” perché utilizzavo una tecnica semplice quanto efficace, almeno ai tempi. Vale a dire quella di mettere like a tutte le ragazze in zona fino a che qualcuna ricambiasse per iniziare una fugace frequentazione. E devo dire di aver dato sfogo ai miei istinti primordiali in questo modo, avendo raccolto svariate esperienze di musica e paranormale (prima la tromba, poi il ghosting reciproco), ma una in particolare ha lasciato il segno. Dopo una prima chiacchierata con questa ragazza piuttosto attraente, la discussione muore lì. Qualche tempo dopo, tuttavia, vengo contattato dalla stessa persona con una domanda estremamente schietta che mi proponeva di realizzare una fantasia alquanto particolare (di cui vi risparmio risparmio i dettagli). Da persona perversa e curiosa qual sono ho detto di sì, e dopo un po’ di sexting e telefonate, riusciamo finalmente a incontrarci. Mi infila la lingua in bocca ancora prima di salutarmi e voliamo a casa mia, per un match senza esclusione di colpi che sarà ricordato per sempre da entrambe le parti, almeno mi auguro. Galeotto fu l’amplesso, perché da quel momento è scattato qualcosa in entrambi che ci ha portati a vederci e rivederci sempre più spesso unicamente per far sesso sempre più selvaggio, con i complimenti della casa. Decidiamo di iniziare quindi a frequentarci, una vera e propria relazione, ma presto mi rendo conto che c’è qualcosa che non va. Qualcosa che non voglio vedere perché accecato dall’infatuazione e dalle scintille di ogni nostro incontro. Presto o tardi mi diventa chiaro: “C’è qualcosa che vorrei dirti, ma che non posso. Che non voglio dirti.” — e da lì partono le più disparate teorie. Siamo parenti? Sei un’aliena? Un agente dell’FBI? Aspetti un bambino? Se un criminale ricercato? Hai ucciso qualcuno? Quale stracazzo è il tuo segreto?! Ho deciso di portare avanti la relazione nonostante le aspre critiche da parte degli amici con cui mi sono confidato, dato che mi mettevano in guardia tirando su le peggiori teorie sul segreto che questa persona potesse celare. Nel frattempo ero totalmente preso dalla relazione e ho cominciato a provare vero e proprio affetto, forse amore, oltre che attrazione fisica. Tuttavia, pur cercando il più possibile di invitare questa persona a uscire insieme, finivamo sempre e solo per far sesso a casa mia. Il motivo per il quale non le andasse di uscire sembrava sempre più legato a questo fantomatico segreto e il mio intuito si sbagliava. Era una persona impegnata? Sposata? Ricercata? Famosa!? Niente di tutto ciò. Un bel giorno, dopo qualche mese di relazione, decide finalmente di aprire il suo cuore, dopo aver cucinato per a casa sua. “Sono tossicodipendente.” Non nel senso che si faceva una cannetta ogni giorno, ma che proprio ci andava giù pesante con la peggior droga possibile, quelle che dalle mie parti vengono definite “spade” (da qui gli sfottò da parte degli amici più stretti ai quali mi sono confidato). Ho iniziato quindi a unire i puntini della mia mappa mentale: dal fatto che lei non volesse uscire di casa al fatto che non volesse minimamente che toccassi la sua borsa nemmeno per spostarla dal letto alla sedia, o ancora che camera sua fosse completamente vuota, che sembrasse quasi una camera d’albergo. Come facesse a procurarsi i soldi per le sostanze che assumeva rimane ancora un mistero, so solamente che in passato si è venduta tutto ciò che aveva, dai testi universitari a tutto ciò che avesse in camera sua e che potesse interessare a qualcuno. Si aspettava che la lasciassi con qualche scusa, ma mi ha spiegato dei suoi problemi familiari e di come l’avessero portata sulla cattiva strada, dei precedenti soggiorni al SERT e di come non volesse più tornarci. Le sono rimasto accanto, ho fatto il possibile e dall’altra parte ho trovato impegno, una certa riconoscenza, ma in qualche modo anche un senso di gelosia e possessione sempre più opprimente. Siamo arrivati al punto che non voleva che uscissi, che non vedessi nessuno oltre lei, che non parlassi con amiche che lei reputava troppo belle fisicamente senza che io desiderassi farmele. Il suo problema non era la droga, ma la paranoia. Aveva paura di uscire di casa perché aveva paura di essere fermata dalla polizia. Aveva paura degli uomini in divisa, aveva paura delle sirene. Aveva paura che di essere beccata con la droga addosso. Aveva paura di farsi beccare mentre ero con lei, di mettermi nei guai. Aveva paura che mi arrabbiassi con lei per questo. Aveva paura di essere tradita, di essere abbandonata. La sua situazione familiare e la religione della sua famiglia l’hanno portata a dubitare di tutti, me compreso. E dopo quasi un anno di relazione tossica da parte sua, fatta unicamente di sesso e pochissimo altro, arriva il mio compleanno. Mi aspettavo di vederla, di passare del tempo insieme, anche solo di fare sesso. Ma avevamo litigato per una sciocchezza il giorno prima e non mi ha più contattato. A fine giornata le scrivo che ero arrabbiato con lei, che avrebbe dovuto scrivermi, altrimenti avrei considerata finita la nostra storia. E così è stato, le ho detto che per me era finita. In preda alla delusione il giorno dopo riattivo il mio account su Tinder e riprendo il mio onesto lavoro di spazzino, pur di liberarmi del pensiero di voler far sesso con lei e nessun’altra. Così trovo un nuovo match, una persona con un nome lei sapeva che mi piacesse, e che chiacchierando sembrava troppo affine ai miei gusti e alle cose che mi piacciono per sembrare vera. Capisco subito che si tratta di una trappola ordita da quella che ormai era la mia ex e tento di farle capire di averla scoperta. La chiamo col suo nome mentre chatto col suo account fasullo, ma fa finta di niente. Le scrivo su Whatsapp dicendo “guarda che so che sei tu” ma non ricevo risposte. Le do un appuntamento per il giorno dopo, sicuro di