Io sono qui.
In stanza mia.
Voi siete in cucina, o a dormire nel vostro letto.
La sera sento le vostre voci,
e penso a quando non ci sarete più.
Mi si stringe il cuore.
Manca qualche anno e compirete entrambi 80 anni,
e guardo gli anni, i decenni, passare inesorabili,
ed ogni anno fa assottigliare di più il tempo.
E lentamente ho sempre più paura.
Canto e suono, lo sapete.
Scrivo pure, ed ho scritto,
e continuo a scrivere.
Per me. Per lui. Per qualcun altro e per i miei idoli.
Alcune volte pure a voi, anche se non ve l’ho detto ancora mai.
Non ho mai avuto il coraggio di dire che ho scritto per voi.
Forse per pudore. Forse per tranquillità, per non pensarci.
Forse per inesperienza nel dirvi che ci ho sempre tenuto a voi.
Nel dirvi che forse vi amo e vi amerò sempre,
malgrado alcune volte sembri il contrario.
Ho fatto un disco, e anche questo lo sapete.
L’ho realizzato tutto pensando a voi,
ma non ve l’ho fatto sentire mai.
Non ho il coraggio di farvelo sentire,
ma scriverò che sarà per voi.
Lascerò che lo scoprirete voi,
che sarà per voi, e voi unicamente.
Se mai una testimonianza fosse mai stata utile farla.
Se mai servisse farlo ora per non farlo dopo di voi.
Se mai ce ne fosse bisogno di dimostrarvelo.
Ci siete ancora, per fortuna.
Sì, lo so che ci siete. Lo vedo che ci siete.
Ora che ho trovato addirittura un lavoro,
chimera eterna, come l’amore che ancora mi manca,
e che dovrei aver trovato finalmente un senso, una sicurezza,
che dovrei avere una parvenza di stabilità, una simil-tranquillità.
Ma cosa ne sarà di me quando non ci sarete più?
Che ne sarà del lavoro che sto appena facendo oggi?
Che ne sarà della persona che amerò senza voi a viverlo con me?
Che ne sarà di tutto quanto per cui avete fatto il tifo per me?
E vado a ricamminare con la mente tutti i luoghi,
tutti gli anni e tutti i chilometri fatti insieme nella mia vita,
tutte le stazioni visitate insieme,
tutte le città camminate insieme.
E poi vado a riascoltare con la mente tutte le canzoni,
a rispolverare tutti gli album in casa che ho,
dal più rovinato al più nuovo,
pure ad ognuno di quelli che ho nel computer.
Come saranno quando non ci sarete più?
Cosa sarà tutto quando non ci sarete più?
Ma poi nel presente mi sto godendo abbastanza voi?
Ci penso ogni volta che sono con voi,
e mi accorgo che sì: vi sto godendo a mio modo,
senza abbracciarvi – che non ne abbiamo realmente bisogno noi tre –
ma guardandocisi in modo scemo, facendo i versi come gatti stretti all’uscio,
chiamandovi quando torno a casa dopo un viaggio,
chiedendovi cosa potrei mangiare per pranzo o per cena.
Ma chi ci sarà dopo di voi a prepararmi da mangiare?
Chi ci sarà da chiamare mentre torno a casa?
Chi ci sarà in cucina ad esser sicurezza presente dopo di voi?
Forse alla fine va pure bene così, come sto facendo ora.
Coi nostri ritmi e le nostre modalità, che sono casa per noi.
Come abbiamo sempre fatto.
Come sempre stiamo facendo.
Come sempre e per sempre faremo.
Anche quando le domande tornano sempre.
Anche quando le paure tornano sempre.
E guardo il calendario che scorre, gli orologi che avanzano.
Il tempo che passa.
Non lo sapete quanto mi terrorizza
l’idea che non vi avrò più un giorno qua.
Non lo sapete ora, non so se lo saprete mai.
Farò finta non lo sappiate mai,
anche se forse lo sapete già.
Me lo terrò per me, per adesso.
- Gere
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