Chissà se ripensi mai a come eravamo, al modo in cui il mio viso si illuminava appena ti guardavo, e gli occhi diventavano scintillanti come stelle, mentre un sorriso completava l’opera di cui eri artefice.
Torni mai con la mente alle promesse che ci siamo fatti quando tutto era in forse e le possibilità infinite?
Io ho provato a dimenticare, ci provo tutt’ora. “Ormai non ci sei”, questo è il mio mantra, me lo ripeto ogni giorno, ma per quanto mi sforzi, cuore e mente remano in tutt’altra direzione, perché la negazione di te è essa stessa silente ammissione di presenza.
E più ti scaccio e più ti fai forte, più metti radici.
Avrei tante domande da porti. Vorrei chiederti se hai trovato in qualcun altro ciò che ti piaceva di me, se mi hai cercato in lui, se qualche volta hai pensato di ritornare, o se eri sul punto di farlo scrivendo un messaggio per poi cancellare tutto e, carattere dopo carattere, alzare nuove barriere. Hai mai fatto visita ai nostri luoghi, quel regno che un tempo ci apparteneva, per rivedere i nostri fantasmi ancora insieme? Ti è mai capitato di percorrere spontaneamente la via di casa mia, anche solo per l’ebrezza del rischio di incontrarmi? Io ho fatto tutto questo e molto di più.
Perché è vero che il male segna le persone, è un insegnamento che viene tramandato da sempre, ma nessuno ci dice che il bene fa di peggio, marchia a fuoco con dolcezza. E tu di entrambi eri fonte.
Ora non fai più parte dei miei giorni, ed è una fatica tirar fuori il mio lato migliore, che insieme a te spontaneamente sorgeva senza sforzo. Cancello dal mio vocabolario i modi di dire, i nomignoli e i diminutivi che abbiamo imparato a fare nostri, che ci siamo guadagnati, un bacio alla volta. Raccolgo le fotografie dei giorni felici, e le ripongo nel cassetto, saranno loro il mio porto sicuro quando le onde del tempo smusseranno il dolore della mancanza.
Ti lascio andare, sul finire di questo corteo funebre, dopo aver trascinato, per un tempo apparentemente infinito, la salma di ciò che eravamo. Mi volto un’ultima volta a contemplare i resti di una fiamma sfolgorante bruciata troppo presto e nel mentre, inaspettatamente, sorrido.
Perfino la farfalla, per chi è ancora bruco, rappresenta la morte.

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