Carissimo fu amore mio,
tu sei stato il mio Grande Amore, l’insopprimibile battito del cuore ogni volta che ti guardavo negli occhi, che vedevo il tuo sorriso, il petto che esplode di gioia ad ogni bacio.
Poi, neanche troppo lentamente, ho fatto la fine della rana bollita. Ho bollito per otto lunghi anni. Mio malgrado, nonostante te, ti ho amato con tutta me stessa, fino ad annullarmi per te, fino a considerare che la mia esistenza al tuo servizio fosse un atto dovuto. Ho sempre scritto racconti, te ne ho dedicati un paio che non hai mai letto. Questo è stato l’ultimo.
“Piango in maniera calma.
Il mio dolore è un cucciolo di porcospino appallottolato sul mio grembo. Non posso non accarezzarlo, non posso non accogliere i suoi aculei nella carne.
Fa male ma, semplicemente, è così. La consapevolezza non fa che acuminare le spine. Eppure le mie mani accarezzano pelo e contropelo. I graffi sulla pelle, le piccole stille di sangue sono una visione che mi dona calma, che mi da lucidità.
Alzo gli occhi dalla pancia e davanti a me si palesa la possibilità di smettere di ferirmi, per la prima volta capisco che è una possibilità reale. Che esistono mondi più facili.
Il riccio ha uno spasmo, una piccola pioggia di spilli mi ricorda che è lì, ben piantato nella mia carne. Strapparlo via con tutti gli aculei cicatrizzati nella mia pelle promette più dolore di quanto non ne faccia accarezzarlo e non muoversi. Stare ferma, come unica soluzione al dolore. Incapace di togliere il porcospino perché potrebbe morirne, perché potrei morirne.
La mia sopportazione del male lo nutre, lo tiene vicino e gli consente di amarmi. È indubbio che egli mi ami. Pianta aculei e dice che mi ama.
Io penso solo a tutto il dolore che provo ogni volta che mi muovo e a quanto il riccio mi dica che dovevo pensarci prima di prenderlo in braccio.
Così continuo a tenerlo in grembo e ad accarezzarlo, con la speranza che le lacrime e il sangue rendano gli aculei morbido pelo.”
Ecco, poi sono riuscita a strapparti via. Adesso sto ancora cicatrizzando. Ti ho lanciato così lontano che non ti vedo più. In compenso tutti i segni che hai lasciato li guardo, li sento e mi bruciano ancora. Prego che tu riesca a non essere più un dolore, che tu abbia imparato dal male che mi hai fatto, che vedermi strappare le viscere pur di liberarmi dal dolore, nonostante tutto l’amore invincibile che ti ho portato, ti abbia quantomeno insegnato a non farlo più.
Purtroppo lo trovo improbabile.
Ti ho amato nonostante te.

  • Tina
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