Scrivo dalla solitudine e dall’isolamento forzato della mia casa, in mancanza di aria, quella che necessito per vivere nel mondo in cui sto, e che in questi casi diventa un “sopravvivere” perpetuo, che questi anni di pandemia più volte ormai mi mettono a dura prova. Ci dovrò fare i conti, prima o poi.

Ecco, ci stanno momenti nella vita come il mio attuale in cui si chiede aiuto, ed è normale. Dovrebbe esserlo, almeno.

Io l’aiuto amo riceverlo, ma spesso e volentieri tendo a non chiederlo, men che meno lo esterno, se non in situazioni insostenibili o con persone di cui so di potermi fidare appieno ed in modo talmente incondizionato, e per fortuna al di fuori dei miei nonni le ho, so che senza di loro sarei un pò più spacciato.

Io spesso e volentieri ho guardato attorno a me le persone che ostentavano di avere così tante amicizie, così tante persone nella loro cerchia, e a volte mi chiedo come diamine non abbiano la capacità di riconoscere e di distinguere una persona da un’altra, come se tutte fossero uguali e volessero tutti bene allo stesso modo, e si stupiscono lamentandosi se poi gli voltano le spalle.

Mi sono sempre domandato se un minimo di fiducia la sanno sentire negli occhi degli altri, in generale. Nient’altro. La fiducia.

Infatti, la fiducia. Quello di cui voglio parlare.

Io so di non averla mai abbastanza. Sono spesso in disparte, tendo ad essere anche poco socievole nei contesti dove non conosco nessuno. Mi fido così poco degli altri che a tratti non mi fido neanche di me stesso.

Si fa presto a perdere la fiducia quando da piccolo te la massacrano, te la deridono, te la sminuiscono, quando per un periodo della tua infanzia non hai conosciuto altro che quello, specie da chi avrebbe dovuto proteggerti di più nella parte più importante della tua infanzia, tanto che quello che ti rimane sono le morsicature della propria fiducia, come le morsicature delle penne Biro o delle unghie per il nervosismo.

Quando si ha problemi di fiducia si parte già con dei paletti personali in partenza. Per non ferirsi, per non farsi ferire. Chiamasi limite, chiamasi difetto, o pregio.
Io per merito di ciò (o “per colpa di”) ho dei pregiudizi su diverse tipologie di persone. Non è una leggerezza. Non la vivo nè sento come tale. Stai come quella vecchia col fucile spianato nella porta di casa sua che protegge la sua proprietà. Del tipo:
– I Gemelli, per conformazione, sono SEMPRE persone subdole e false.
– Diffida se puoi dai troppo pacifici e chi ti dà la tranquillità che cerchi, li scoprirai SEMPRE fidanzati.
– Chi toglie le spunte blu su Whatsapp ha SEMPRE qualcosa da nascondere.
– I gruppi gay su Telegram da evitare come la peste, si rivelano SEMPRE fuori di testa.
e tanti tanti altri ancora.

E per le mie esperienze il più delle volte ci azzecco. Qualche altra volta ho avuto il piacere dell’eccezione alla regola, la grande speranza della mia vita che ricerco, e ho tirato un grande sospiro di sollievo. Qualche altra volta ancora la sicurezza ad occhi chiusi si è rivelata una mazzata sui denti, influendo sul fidarmi nuovamente di quella categoria di persone, includendola nella ancor più lunga “lista nera” delle malvagità della fiducia.

Infatti dicono, ed è vero, che si ascoltano sempre di più quelle 2 o 3 critiche distruttive nel mare di persone che ti fa i complimenti o che ti apprezza. Menomale chi non si accorge e va oltre, o che manda a fanculo sonoramente e dissacratamente tali stronzate. Vorrei avere la loro voce. La loro forza. Mi risparmierei anni di silenzi in cui il mio rancore si è sedimentato lì, facendomi ammalare di mancanza di riscatto emancipativo.

Infatti le mie urla sono lì, quel giorno di 10 anni fa oramai, ad un autogestione nel liceo artistico che frequentavo, al primo anno, in cui mi si disse che bisogna rivendicare i propri diritti e non sbandierare ai quattro venti la propria omosessualità, da parte di una persona con i capelli lunghi e la faccia dipinta. Le mie urla sono lì, quel giorno in cui non ho saputo dimostrare o rispondergli in faccia che potevo e posso essere migliore di lui, il migliore di tutti.

Quando non sai controbattere e diventi fragile così, in questa maniera, poi ti condiziona il futuro da lì in poi. E diventa sempre un terno al lotto, una prova del 9 con ogni persona, ogni uomo od ogni donna, amico o amante, che speri possa essere la persona che ti salvi da chi la fiducia te l’ha fatta mancare la volta prima. Ed anche coi miei stessi amici le cose non vanno diversamente. Ho sempre il terrore costante di essere tradito. Di non essere ascoltato. Di non essere creduto o non più considerato. E la fiducia, anche in questi casi, anche inconsciamente, deve essere continuamente alimentata.

Perchè quando chi dovrebbe ascoltarti smette di farlo, inizi a fidarti sempre di meno e a esternare i tuoi sentimenti sempre di meno, fino ad allontanarti da esso. Fino ad allontanarti pure da te stesso. Ti rinchiudi nella tua gabbia d’oro, e muori nella tua solitudine. Muori senza chiedere aiuto più. Muori con la percezione, vera o presunta, di esser rimasto solo al mondo, che nessuno più ti senta, o che abbia davvero interesse a voler sapere o ad aiutarti. E così finisce. Così si finisce. Così finisci tu.

L’egoismo altrui scatena l’isolamento.

Questo è il mio terrore più grande. Il mio incubo ricorrente. La mia notte con luna piena che fa evocare in me il lupo mannaro.

Appello pubblico: andate oltre voi stessi se potete, almeno per le persone che volete bene. Vi eviterà il rimpianto. Fidatevi.